Due somministrazioni annuali del farmaco antiretrovirale Lenacapavir tramite iniezione intramuscolare sono sufficienti a prevenire le nuove infezioni da Hiv: è il risultato di uno studio presentato a luglio 2024 a Monaco di Baviera, nel corso della 25ª Conferenza Internazionale sull’AIDS, e contemporaneamente pubblicato dal New England Journal of Medicine, la più autorevole rivista di medicina.
Lo studio PURPOSE 1, condotto da due centri di ricerca sudafricani su un campione di 8000 partecipanti ad alto rischio di contrazione del virus, ha evidenziato il 100% di efficacia di Lenacapavir nell’offrire una protezione superiore a quella della profilassi pre-esposizione giornaliera (PrEP): nessuna delle 2134 persone trattate con Lenacapavir - adolescenti e giovani donne di età compresa tra 16 e 25 anni - ha contratto il virus.
Già impiegato come antiretrovirale per il trattamento del virus Hiv, Lenacapavir diventa così strumento di prevenzione delle nuove infezioni con due sole iniezioni all’anno (una a semestre) e la prospettiva di migliorare l’adesione delle persone al trattamento e ridurre i casi di contagio tra le popolazioni e i paesi considerati “ad alto rischio”.
«Quella offerta da Lenacapavir è una PrEP intramuscolare che in Africa si è dimostrata efficace nel 100% dei casi, superando la percentuale di efficacia di qualsiasi ipotetico vaccino», sottolinea Giovanni Guaraldi, medico infettivologo dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e professore ordinario a UNIMORE:
«E’ una notizia importante, in un mondo che registra ancora 4 milioni di infezioni l’anno. Quando un simile regime terapeutico sarà disponibile in Europa dovremo capire che tipo di prevenzione attuare in ottica “One Health”, un approccio sanitario integrato per la promozione della salute globale e la prevenzione delle diseguaglianze».
Il long acting, pertanto, segna un cambio di passo sia per il paziente sia per il virologo?
«Sì: l’obiettivo della terapia antiretrovirale non è più semplicemente quello di neutralizzare il virus, ma di salvaguardare la salute a tutto campo. Una terapia efficace dev’essere orientata al benessere complessivo della persona, mentre in passato il metro erano le tossicità (renali, cardiache o il rischio di dislipidemia) legate all’assunzione dei farmaci».
Come tenere conto dell’"intero stato di salute” del paziente?
«Integrando gli antiretrovirali - a seconda dei casi - con statine (farmaci utilizzati per abbassare i livelli di colesterolo “cattivo" nel sangue), GLP-1 (una classe di farmaci utilizzati principalmente per trattare il diabete di tipo 2), antipertensivi (farmaci usati per abbassare la pressione arteriosa alta) o antidepressivi».