Le nuove terapie antiretrovirali, se correttamente assunte, garantiscono alla donna gravida con Hiv di ridurre quasi a zero la possibilità di trasmettere il virus al feto, azzerando la viremia nel sangue fino a renderla non trasmissibile.
Ne abbiamo parlato in questo video divulgativo (“Simona e la sua storia” https://www.helpaids.it/viverehivoggi/storia-simona) ed è fra i temi discussi alla 16° edizione di ICAR, conferenza italiana sull’AIDS e la ricerca antivirale, in corso a Roma presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (fino al 21 giugno).
«Prima della terapia antiretrovirale – ha spiegato Cristina Mussini, vicepresidente SIMIT – il rischio di trasmissione dell’HIV dalla madre al feto era del 25 per cento; oggi, invece, in chi assume regolarmente la terapia e ha la carica virale soppressa, siamo quasi allo zero».
«La terapia è efficace, ben tollerata dalla donna, non dannosa per il feto e può accompagnare la paziente in tutti i cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza», continua Mussini: «Non è più necessario che una donna con HIV ricorra necessariamente all’inseminazione artificiale; diventa possibile anche un parto per via naturale. Resta ancora aperto il dibattito attorno all’ allattamento al seno, anche perché mancano dati certi. In ogni caso, il risultato raggiunto rappresenta un cambiamento epocale e un’ulteriore normalizzazione dell’infezione da HIV».
«Oggi la gravidanza di una donna con HIV si può definire sicura», ribadisce Lucia Taramasso, infettivologa all’IRCCS Policlinico San Martino di Genova: «naturalmente, condizione imprescindibile è che la madre segua con regolarità la terapia. Il continuo aggiornamento dei registri osservazionali ed i dati derivati dai trials clinici ci hanno permesso un ulteriore passo avanti, consentendo di dimostrare che la maggior parte dei moderni farmaci antiretrovirali oggi disponibili, caratterizzati da alta efficacia e tollerabilità, sono sicuri anche in gravidanza. La donna con HIV non deve avere timore di intraprendere una gravidanza, che può invece vivere serenamente e con entusiasmo, come tutte le donne».
Resta invece aperto il dibattito sui temi dell’allattamento al seno e della somministrazione della profilassi antiretrovirale al bambino: «Le attuali linee guida internazionali ci dicono che l’utilizzo del latte artificiale elimina il rischio di trasmissione postnatale dell’HIV al neonato», continua Taramasso.
«In caso di allattamento al seno, il raggiungimento ed il mantenimento della soppressione virologica durante la gravidanza e il post-partum riducono il rischio di trasmissione a meno dell’1%, ma non a zero. La difficoltà nella gestione dell’allattamento materno dipende dalla mancanza di dati sicuri in una fase di vita così delicata. I dati disponibili ad oggi riportano sporadici casi di trasmissione del virus dalla madre al bambino anche in presenza di carica virale soppressa ed adeguatamente controllata dalla terapia, il rischio è tuttavia stimato al di sotto dell’1% in queste situazioni”.
«L’altro tema analizzato a ICAR 2024 - conclude Taramasso - è la somministrazione di una profilassi antivirale al neonato: «Le Linee guida europee e americane consigliano di somministrare un farmaco antiretrovirale al neonato per aumentare la protezione nei confronti dell’acquisizione dell’HIV (anche nel bambino nato a termine da madre con viremia stabilmente undetectable e che non riceve l’allattamento materno). Tuttavia, non mancano modelli, come quello svizzero, che hanno eliminato questa raccomandazione nei casi in cui il rischio di trasmissione sia considerato basso e la madre sia stata aderente alla terapia per tutta la gravidanza».