Il numero di contagi da HIV fa segnare una regressione nella Regione Caraibica (Bahamas, Barbados, Bermuda, Repubblica Dominicana e Haiti), dove si riscontrano limitata flessione dell'HIV tra le gestanti, maggiore uso di profilattici tra chi vive di prostituzione e un'ampia richiesta di consulenza e test volontari sull'HIV. Questi i dati positivi presentati nell'Aggiornamento 2005 sull'epidemia dell'AIDS, il rapporto annuale a cura del Programma Congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV/AIDS (UNAIDS) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il documento congiunto, il cui tema centrale quest'anno è la prevenzione dell'HIV, è stato diffuso Roma e contemporaneamente in varie città europee e del mondo, in anticipo sulla Giornata Mondiale dell'AIDS che si celebra in tutto il mondo il primo dicembre.
I dati. Si stima che siano stati scongiurati quest'anno dai 250.000 ai 350.000 decessi grazie alle maggiori opportunità di accesso alle cure. Infatti, oltre un milione di abitanti dei Paesi a medio-basso reddito adesso gode di migliori prospettive di vita grazie ai farmaci antiretrovirali. Ma anche quest'anno le stime sull'andamento dell'epidemia sono tutt'altro che rosee: il nuovo rapporto delle Nazioni Unite segnala che la tendenza dell'epidemia è ancora in ascesa e che per rallentarne il diffondersi si rendono necessari interventi in materia di prevenzione di più ampia portata. Nel 2005 sono stati registrati 5 milioni di nuovi casi. Dai 37,5 milioni del 2003, la popolazione dei sieropositivi ha raggiunto un picco di 40,3 milioni, pari al doppio dei sieropositivi viventi nel mondo dieci anni fa. Le stime dicono inoltre che, dall'"anno zero" (1981), sono 25 milioni i morti complessivi per AIDS. Nel corso del 2005 le malattie collegate all'AIDS hanno mietuto più di 3 milioni di vittime, oltre 500.000 delle quali bambini. Secondo il rapporto UNAIDS, il balzo in avanti dell'HIV è avvenuto soprattutto nell'Europa dell'Est e nell'Asia centrale (con un aumento del 25 per cento pari a 1,6 milioni) e nell'Asia orientale. La zona più colpita del mondo resta comunque l'Africa Subsahariana con il 64 per cento di nuovi casi (oltre tre milioni di persone).
Le dichiarazioni. I risultati ottenuti da alcuni Paesi e il ruolo chiave svolto dai programmi di prevenzione nel ridurre il tasso d'infezione sono incoraggianti - ha dichiarato il Direttore Esecutivo dell'UNAIDS Peter Piot - ma la realtà è che tutti gli sforzi a livello locale e mondiale non riescono a stare a passo con l'epidemia. È evidente che occorre un potenziamento urgente dei programmi di prevenzione. Dobbiamo passare dai piccoli progetti a breve termine a strategie a lungo termine di più vasta portata". Gli ha fatto eco anche il Direttore Generale dell'OMS Lee Jong-wook, dichiarando: "sono ormai chiari i vantaggi di una progressiva integrazione di prevenzione e terapia in un unico intervento anziché in interventi separati. La disponibilità di terapie offre un potente incentivo ai governi e ai singoli individui per sostenere e richiedere informazioni sulla prevenzione nonché consulenza sanitaria e test volontari".
In molti Paesi il livello di informazione sulle modalità di trasmissione dell'HIV è assai basso. In 24 Paesi della regione subsahariana, ad esempio, due terzi o anche più delle ragazze tra i 15 e i 24 anni d'età non hanno alcuna conoscenza delle modalità di trasmissione del virus. Nell'ambito di un importante studio condotto nelle Filippine nel 2003 oltre il 90% degli intervistati si è dichiarato convinto che l'HIV possa essere contratto mangiando insieme a una persona sieropositiva.
In ultimo, in molte zone del mondo quali l'America Latina, i Carabi, il Medio Oriente e l'Africa del Nord, l'inadeguatezza della rete di sorveglianza sull'HIV sta ostacolando il lavoro di prevenzione. Questo significa che le persone più a rischio - omosessuali, chi vive di prostituzione e tossicodipendenti - non sono sufficientemente protette né coinvolte nelle strategie di prevenzione e cura.