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Servizio Sanitario Regione Emilia Romagna
Home > Chiedi all'esperto  >  Uso corretto del servizio  >  Archivio quesiti  >  Quesito di speransoso del 05/10/2004

Scheda quesito

Nickame:
speransoso
Data:
05/10/2004
Quesito:
Gentili esperti, mi permetto di porvi ancora delle domande, consapevole di mettere alla prova la vostra pazienza, nella speranza che le risposte possano essere utili agli utenti di quest’ottimo servizio oltreché, ovviamente, a me stesso. Compiendo delle piccole ricerche personali, mi rendo sempre maggiormente conto di quanto sia condivisa la tesi, da voi accolta, secondo la quale un test ELISA effettuato a tre mesi dal contatto a rischio sia definitivo circa l’esclusione di un contagio col virus dell’HIV. A dispetto di quanto ufficialmente ritenuto dal nostro ISS (che insiste, in ogni caso, per i sei mesi) altri Organismi di altri Paesi (ad es. il Ministero della Sanità svizzero, o comunità internazionali di biologi, immunologi ecc.) ritengono che nella granparte dei casi la sieroconversione avvenga entro il primo mese e mezzo dal contatto col virus e, soltanto rarissimamente, entro i tre mesi e mai oltre questo periodo. Alla luce di queste persuasive considerazioni, mi piacerebbe che deste il vostro parere in relazione alle dinamiche (molto simili in diversi soggetti) che si ripetono nelle persone (me compreso) che temono di aver contratto il virus dell’hiv e che, ciò nonostante, risultano negative ai test (oltre i tre mesi). Le dinamiche a cui faccio riferimento sono, nello specifico, costituite da strane sintomatologie denunciate in molti casi da queste persone. Spesso si parla di: febbricola persistente, astenìa, malessere generalizzato, rash cutanei, umore a pezzi, difficoltà a dormire (nel mio caso specifico ricorrentissimi erano i pensieri di morte e forti, quanto improvvise, le crisi di pianto). E’ possibile che l’ansia sia determinante nello scatenare queste sensazioni e che venga somatizzata al punto tale da dar luogo ad un lieve innalzamento della temperatura, a sfoghi sulla pelle, ecc? Peraltro mi sembra di capire che un malessere psicologico minacci realmente le nostre difese immunitarie, così si spiegherebbe anche la propensione, in quel periodo, a star male fisicamente (confondendo tale stato con un’infezione acuta da HIV). Resta inteso che l’unico modo per capire se si è infettati è fare il test e queste argomentazioni non servano da stimolo per non farlo ma, eseguito un ELISA dopo i tre mesi ed escluse altre MST, è illogico quello che ho scritto circa questo stato “simildepressivo” e le conseguenze fisiche che può determinare? Grazie, ancora una volta, per l’attenzione.
Risposta di :
Gentile utente, mi scuso per il ritardo della riposta. La ringrazio per confermare ai nostri utenti che le indicazioni sul periodo finestra da HIV sono condivise nella comunità scientifica. La somatizzazione di sofferenze psicologiche è noto che comporta uno stress immunologico tale da rendere il soggetto suscettibile a possibili infezioni ricorrenti. Penso che sia bello e traordinario che la psiche e il corpo non possano essere scissi nell'uomo. Cordiali saluti. Dr. G. Guaraldi